Qual è il suo ruolo e quale ruolo svolge attualmente il SEPAC a supporto delle aziende pugliesi?
Buongiorno, sono il Presidente del Comitato SEPAC, più noto come Task Force per l’Occupazione. La nostra attività si svolge, non soltanto nei confronti delle aziende pugliesi, ma anche nei confronti dei dipendenti delle aziende pugliesi in crisi o dismesse, alla ricerca di nuova occupazione. La nostra missione è quella di affrontare le crisi di impresa per evitare che si concludano con una dismissione aziendale e con i licenziamenti dei dipendenti.
Spesso si parla di persone con più di 50 anni che hanno maggiori difficoltà di ricollocazione nel mercato del lavoro, o che non godono di adeguate misure di incentivazione alla ricollocazione. Il SEPAC si occupa anche di queste persone.
Quante crisi aperte ci sono? Possiamo quantificarle?
Devo partire da una premessa: quando parlo del numero delle crisi che trattiamo, tutti si spaventano, come se tale numero fosse registrato solo in Puglia. La realtà è che le crisi d’impresa ci sono ovunque; anzi, osservando i dati della Camera di Commercio sulla natalità e mortalità delle imprese, la Puglia ha un saldo positivo, contrariamente alla media nazionale che negli ultimi riscontri è meno favorevole.
Ciò significa che le crisi d’impresa ci sono ovunque e che le aziende chiudono in tutta Italia, ma la regione Puglia si è dotata di una struttura che impegna l’istituzione a non rimanere spettatore del processo di dismissione e di licenziamento dei lavoratori, e a provare ad invertire la rotta sanando le situazioni critiche. Nelle altre regioni, invece, non c’è un organismo analogo ed è il mercato che regolamenta la vita e la morte delle imprese e il confronto tra sindacato ed azienda. Noi non eludiamo le crisi e affrontiamo anche quelle più rognose che riguardano aziende che sembrano irreversibilmente destinate alla chiusura.
I tavoli aperti attualmente sono circa 40. Tra questi, vi è un caso eclatante a Bari: si tratta della Baritech, una fabbrica dismessa i cui dipendenti sono stati licenziati e hanno diritto alla NASpI. Ci tengo a precisare che quel fascicolo non è chiuso, ma continuiamo ad averlo in carico perché siamo impegnati nel tentativo di ricollocare i lavoratori in questione e di reindustrializzare l’area.
Qual è la strategia di intervento della Regione per le aziende in crisi che non sono in grado di risollevarsi?
Innanzitutto, bisogna capire quando è il momento di agire. É evidente che un’azienda non sia in grado di risollevarsi quando non è in grado di ottenere dal tribunale fallimentare l’approvazione di un piano concordatario di rilancio aziendale e quando non ottiene il consenso dell’assemblea dei creditori, e quindi del giudice.
A quel punto, ci rendiamo conto che non ci sono più le condizioni per salvare l’azienda e ci impegniamo nel trovare dei compratori affinché possa essere data continuità all’attività operativa. Cerchiamo prioritariamente operatori dello stesso settore, ma, in mancanza di questi, accogliamo qualsiasi compratore, pur di evitare la perdita della realtà produttiva e il licenziamento dei lavoratori occupati. Non è un’operazione semplice, perché le regioni non dispongono di una propria agenzia di scouting, che ricerca i potenziali investitori.
A tal proposito, stiamo producendo un grande sforzo interno di valutazione e di progettazione affinché l’agenzia Puglia Sviluppo, o altre, possano sostenere con un contributo l’azione di ricerca oppure farsene carico. Stiamo studiando questa ipotesi. Un’altra ipotesi che stiamo valutando è quella di richiamare ad una sorta di “responsabilità sociale” di impresa, tutte le aziende e gli advisor operanti nel settore dello scouting.
L’invito che vogliamo dare agli imprenditori delle aziende in crisi è quello di contribuire nella ricerca del compratore. E’ importante non trascurare questa fase, soprattutto allorquando l’unità di crisi della Regione Puglia segnala che ci sono tutti i presupposti per la ripresa delle attività, e quindi dell’occupazione, perché permette di conservare il pacchetto dei fornitori e il portafoglio dei clienti.
Come si riesce a riqualificare persone ormai fuori dal mercato del lavoro a causa dell’evoluzione tecnologica?
E’ indispensabile formarle, dotandole di competenze più “moderne”, in modo che il compratore le trovi preparate e sia più incentivato alla reindustrializzazione. È un problema serio e delicato, poiché una azienda in crisi non ha più i requisiti di accesso alle misure di sostegno, ed è difficile provvedere alla riqualificazione del personale. Stiamo studiando, a tal proposito, un modo per riqualificare prioritariamente queste persone comunque in costanza di lavoro, mentre percepiscono la cassa integrazione a zero ore, magari per dismissione o per patto di transizione occupazionale.
Una volta che sono stati licenziati, i lavoratori possono accedere ad alcune misure di reinserimento, come il classico “Welfare to work” che, a valle della presa in carico del bilancio delle competenze operato dai centri per l’impiego, offre uno sforzo di orientamento verso percorsi di riqualificazione. Oggi il panorama è molto variegato e comprende molte altre misure, tra cui il programma GOL.
É necessaria, infine, la permanenza di un tavolo operativo di confronto fra i rappresentanti delle associazioni datoriali, i rappresentanti delle agenzie territoriali per l’impiego e l’ARPAL. Io inviterei ai tavoli di crisi anche un rappresentante dell’associazione delle agenzie, per sviluppare una sussidiarietà tra il pubblico e il privato.
Per la prima volta, in Puglia, il numero dei disoccupati è sceso sotto il dato straordinario di 170.000 individui. Per dare continuità al lavoro svolto, però, bisogna raggiungere tutti questi disoccupati.
Questo articolo è estratto dal quinto numero del Magazine Mestieri Più. Clicca qui per scaricare gratuitamente la tua copia completa.